Percorso di visita in Castellazzo
Percorso consigliato in Castellazzo
(Trinità da Lungi e Retorto non sono incluse nel percorso perché troppo distanti dal centro cittadino; si consiglia la visita a Retorto prima dell’arrivo a Castellazzo e quella a Trinità da Lungi dopo la visita in Castellazzo)
Retorto (44°46’52.6″N 8°39’00.4″E)
Antico e oggi quasi disabitato borgo agricolo sotto il Comune di Predosa.
La sua storia finisce, dimenticata, praticamente agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, ma ci fu un periodo in cui l’importanza del Feudo di Retorto, influenzò la vita sociale e politica dei nostri posti.
Dal primo documento del 937, dove si evince che Re Ugo d’Italia lo assegna in dote alla moglie Berta, al 1164 quando diventa proprietà del Marchese del Monferrato, per mutare, nel 1463, a possedimento della famiglia Dal Pozzo e rimanendo tale, attraversò alterne vicende, sino al 1918.
Fin qui le notizie storiche furono tratte da documenti facilmente reperibili.
Non tutti sanno, però, del rapporto tra i Signori di Retorto con San Paolo della Croce. Esiste una preziosa lettera che il Santo inviò nel 1721 ai Dal Pozzo per accordarsi su un triduo di preghiere, prediche, meditazioni sulla Passione e processioni di penitenza in preparazione della Comunione Pasquale.
Il 12 Aprile 1721 San Paolo della Croce scrive una lettera alla Marchesa di Retorto, Dal Pozzo Marianna Della Scala. È il giorno del Sabato Santo, la vigilia di Pasqua, che quell’anno cadeva il 13 aprile.
Vuole concordare con la Marchesa le date dell’annuncio della parola di Dio nei suoi territori, cioè a Retorto e a Portanova. Le fa presente che non può trascurare la gente di Castellazzo, in quanto sono previsti tanti forestieri per le feste pasquali, quindi per accontentare sia i suoi compaesani che lei, sarebbe stato bene arrivare ad un compromesso. Paolo tenne la “piccola Missione” (probabilmente la sua prima missione popolare) a Retorto nella settimana dell’Ottava di Pasqua e a Portanova la settimana appresso.
Numerosi testimoni hanno affermato che la Marchesa Marianna volle chiedere perdono ai suoi contadini partecipando alla processione di penitenza a piedi scalzi e in devoto raccoglimento.
Chiese di Castellazzo e luoghi con riferimenti espliciti a S. Paolo della Croce
Santo Stefano (44°50’25.2″N 8°34’37.0″E)
Probabilmente la più antica, soprattutto la cripta (forse dal 414) con tre absidi visibili soltanto all’esterno. S. Stefano è Protettore di Castellazzo.
La sua festa, il 2 agosto, ricorda il ritrovamento delle reliquie del Protomartire.
Dal 1352 inizia il passaggio dei beni tra famiglie gentilizie e congregazioni. Tra i Rettori di quell’Oratorio, per noi è importante Don Giovanni Cristoforo (26.08.1648 – 16.11.1718) zio di S. Paolo che si impegnò perché il nipote si sposasse e lo lasciò erede dei suoi beni.
S. Paolo venne ad abitare in S. Stefano il pomeriggio del 25 gennaio 1721, proveniente da Trinità da lungi. Vi rimase fino alla primavera del 1722, con l’intervallo di circa due mesi (settembre/ottobre 1721) in cui si portò a Roma e al Monte Argentario.
In S. Stefano, S. Paolo della Croce iniziò a vivere le Regole appena composte e si associò ai compagni “I poveri di Gesù” tra cui il fratello Giovanni Battista (vestito ufficialmente il 21 novembre 1721), Paolo Sardi e altri.
Storicamente è questa la primordiale sede della Congregazione. Qui S. Paolo continuò l’apostolato dell’istruzione religiosa: nel pomeriggio alle donne e di sera agli uomini. Da qui organizzò le Processioni di penitenza della quaresima del 1721, in cui portando il Crocifisso di S. Antonio, concludeva in San Carlo predicando dal pulpito a tutta la popolazione.
Da qui iniziò la corrispondenza epistolare (con il Vescovo, con la Marchesa Marianna dal Pozzo…) che poi sviluppò in direzione spirituale per corrispondenza, le Missioni al popolo: Castellazzo, Retorto e Portanova e la predicazione nei monasteri, con le Agostiniane di Castellazzo S. Stefano: probabilmente il più antico oratorio di Castellazzo.
Tra i Rettori vi fu uno zio di S.Paolo: Don Cristoforo Danei. Qui Paolo abitò dal 25 gennaio 1721 fino alla primavera del 1722, con suo fratello, costituendo la prima comunità storica dei Passionisti. Fu la base del suo apostolato finché fu a Castellazzo.
I Cappuccini (44°50’32.6″N 8°34’45.5″E)
I Castellazzesi, che conoscevano i Cappuccini, i quali già servivano nella chiesa di S. Stefano dal 1576 desiderarono la fondazione di un loro convento nel proprio borgo.
Nell’aprile 1606 rivolsero domanda al Capitolo Provinciale, celebrato a Genova, ed il 4 maggio dell’anno successivo ebbero risposta favorevole. La posa della prima pietra avvenne con solennità il 16 agosto 1608. Tra i testimoni che firmarono la pergamena vi è anche un antenato di S. Paolo.
Nel 1634 il Municipio di Castellazzo concesse ai Cappuccini un Diploma di benemerenza per i benefici ricevuti durante la peste, ma nel 1656 il Convento corse il pericolo di venire soppresso a causa dell’impossibilità di sussistenza. Questo pericolo provocò un forte interesse in tutta la zona per aiutarli, così la soppressione fu evitata.
Il 19 aprile 1667 venne consacrata la Chiesa, dedicata a S. Francesco.
S. Paolo fu un assiduo frequentatore del Convento e dei suoi religiosi. Furono due Cappuccini che vennero ad assisterlo nella terribile malattia in cui sperimentò la visione dell’inferno.
Uno di questi, P. Gerolamo da Tortona, lo diresse nella vita spirituale; P. Colombano da Genova fu ancor più vicino alla nuova fondazione e il Vescovo, Mons. Gattinara, ne richiese il parere sulle Regole che Paolo aveva appena composte.
Sempre frequentando il Convento, Paolo ebbe le più belle esperienze: tornava dalla chiesa dei Cappuccini quando si vide vestito con l’abito religioso che lui e i suoi avrebbero dovuto indossare.
Nella chiesa dei Cappuccini, ove si confessava e faceva lunga adorazione al SS.mo, avvenne che un ragazzo gli rovesciò un banco su un piede ed egli disse:
“queste sono rose: Gesù Cristi ha patito molto di più ed io merito di peggio per i miei peccati”
(Renato Bobbio, Opuscolo per il Terzo Centenario, pag.27).
San Carlo (44°50’40.7″N 8°34’40.0″E)
Il titolo completo è “Santi Carlo e Anna”. Ne fu decisa la costruzione dopo la peste del 1630, di manzoniana memoria. San Carlo era stata voluta dalla munificenza della nobildonna Maddalena Trotti e in qualità di Parrocchia le erano state assegnate circa 450 anime togliendole dalla giurisdizione di S. Martino.
La prima pietra era stata benedetta il 27 luglio 1631 dal Teologo Don Agostino Galea, ma, anche per le condizioni determinate dalle guerre, il lavoro di costruzione si era protratto molto. Ancora tra il 1659 e il 1665 le funzioni religiose venivano ufficiate nella vicina chiesa dell’Annunziata, poi abbattuta in anni vicini a noi. Addirittura nel secolo successivo, quando avvennero le terrificanti alluvioni causate dal fiume Bormida e si fu costretti ad atterrare la chiesa della Creta (anno 1764), che ridotta in pessimo stato, minacciava la totale rovina, i materiali ricavati dalla demolizione tornarono utili per lavori in S. Carlo” (Angioletta Cavallero, Opuscolo per il Terzo Centenario, pag.42).
Quando S. Paolo abitò la celletta, il campanile e l’attuale sacrestia forse non erano ancora costruiti. Perciò quando i testimoni dei Processi di beatificazione, nel 1777, riferiscono che la celletta era dal lato del campanile, intendono riferirsi al momento della loro deposizione non al periodo della permanenza del santo nello stanzotto.
Nella sacrestia di S. Carlo, Paolo compì la rinuncia ufficiale all’eredità dello zio Don G. Cristoforo, davanti all’arciprete Don Stefano Pellati e ad alcuni testimoni, trattenendo per sé solo il breviario e inginocchiato davanti al Crocifisso pregò:
“Ecco, Signore, che io non accetto di questa eredità che questo breviario” (Zoffoli, vol.I°, pag.146).
Per S. Paolo questa chiesa è di primaria importanza.
Subito dopo la sua Vestizione, avvenuta in Alessandria nella Cappella del Vescovo Mons. F. M. Arborio di Gattinara il 22 novembre 1720, il Santo si ritirò in questa chiesa per quaranta giorni, dalla sera stessa del 22 novembre 1720 al 1° gennaio 1721. Serviva le SS. Messe, adornava gli altari, teneva la pulizia del pavimento… Il luogo preferito per la contemplazione era la celletta, dove passava lunghe ore del giorno e della notte.
Qui concepì la Regola fondamentale del nuovo Istituto, qui scrisse il suo Diario, in cui narra le sublimi esperienze mistiche e terribili tentazioni, angosce e visioni.
Scriveva in sacrestia, ove era pronto tutto il materiale e l’appoggio occorrente. Dalla finestrella della celletta, a cui aveva appeso una sacca, riceveva le poche vivande per sopravvivere; unico conforto era un caminetto, forse mai utilizzato.
Nella quaresima del 1721, concludeva in questa chiesa le processioni penitenziali compiute per le vie del paese e, salito su quel pulpito, predicava al popolo numeroso. Dirà più tardi:
“Non ottengo in dieci missioni i frutti che ottenni in quelle predicazioni”.
Al termine benediceva i fedeli con il Crocifisso, ora custodito nella celletta.
Quando dimorava in S. Stefano, con suo fratello, veniva qui per ascoltare le SS. Messe e fare la Comunione. Qui inviava a confessarsi tanti peccatori convertiti e nemici a riconciliarsi.
S. Carlo: la prima pietra fu benedetta il 27 luglio 1631. Era ufficiata dal clero diocesano. Il marchese Pallavicini di Genova, godeva dello jus patronatus all’altare della Madonna del carmine. Nella sacrestia, Paolo rinunciò all’eredità dello zio Don Cristoforo. Qui accanto è la celletta ove S. Paolo visse dal 22 novembre 1720 al 1° gennaio 1721. In questa chiesa, nella quaresima del 1721, Paolo fece confluire la gente del paese ad ascoltare le sue ferventi prediche. Era ancora laico.
La celletta: qui S. Paolo si ritirò per quaranta giorni, omponendo la Regola ispirazionale dei Passionisti e redigendo il suo Diario spirituale, capolavoro di spiritualità mistica. E’ il luogo più sacro per la famiglia passionista.
Altare di S. Carlo: l’altare maggiore originario fu sostituito con questo.
Pulpito: su di esso salì S. Paolo, nel pomeriggio delle domeniche di quaresima e tenne fervorose prediche che ottennero molte conversioni. Con il Crocifisso, inserito in un apposito sostegno, benediceva poi la gente.
Tela: raffigura in sintesi la vocazione di S. Paolo. La Madonna gli affida il compito di fondare la Congregazione, gli offre la tonaca distintiva e lo assiste nella stesura della regola. Pittore fu G.B. Scaramuzza (1848).
Gonfalone: a Castellazzo, nei primi decenni del secolo XX, vi erano filande e Società operaie. Una di queste si dedicò a S. Paolo della Croce e questo è il suo stendardo.
Bandiera terzo centenario: l’anno 1994, terzo centenario della nascita di S. Paolo d.C., ebbe molte e svariate manifestazioni. Questo stendardo fu esposto in S. Carlo e indica luoghi, in Italia, ove si trovavano comunità passioniste. Ogni altra nazione, dove sono i Passionisti, ebbe esposta la sua bandiera.
San Martino (44°50’50.0″N 8°34’36.6″E)
Di origine molto antica, attualmente costituisce una significativa testimonianza di composizione architettonica di epoca barocca, la quale rileva, nella struttura a tre navate divisa da colonne, l’originario impianto romanico-gotico, del cui periodo è il portale con leoni stilofori.
Meravigliosi gli intarsi lignei dei portali e le sculture su legno del pulpito e della balaustrata dell’organo. Fu ufficiata per secoli dagli Agostiniani.
Per la Famiglia Daneo, questa chiesa era importante perché qui il nonno paterno vi aveva sposato la nobile Caterina Trotti, che vi aveva il diritto di juspatronatus.
Per questo, in S. Martino vi è anche la Tomba di famiglia, ove sono sepolti con il nonno Paolo, anche i genitori Luca e Anna Maria, i fratelli Giuseppe ed Antonio e le sorelle Teresa e Caterina.
S. Martino: chiesa antica, romanico – gotica, poi ristrutturata in epoca barocca. Al tempo di S. Paolo era ufficiata dai Padri agostiniani. Qui è il sepolcro della famiglia Daneo
Santa Maria della Corte (44°50’46.5″N 8°34’30.5″E)
Sorta circa il 950, molto più piccola dell’attuale, per volontà della principessa Maria, figlia del re dei Longobardi Adalberto, venne dedicata a Maria Vergine, con l’aggiunta dell’appellativo della Corte in quanto Gamondio era Corte regia.
Più volte restaurata nel corso degli anni, fu completamente rifatta dai Padri Serviti che vi furono preposti dal 1443. Gravemente danneggiata dall’alluvione del 1647 fu nuovamente ricostruita con l’aggiunta dell’adiacente grande fabbricato allora adibito a Convento dei Padri Serviti. Incendiata dai francesi nel 1651, con rovina del tetto e dell’organo (ne rimane traccia nel Crocifisso abbrucciacchiato sito nella cappella a fianco dell’altare maggiore) fu rifatta per la terza volta, più ampia e a croce latina, come ora ci appare.
Le belle decorazioni interne, rifinite in oro zecchino, sono opera del pittore Gambino e furono promosse dal prevosto don Nizzi, agli inizi del 1900” (Pietro Moccagatta, opuscolo 3° centenario, pag.38).
Per S. Paolo della Croce era la sua Parrocchia. Vi veniva alla Messa principale della domenica, vi ricevette la Cresima con suo fratello, P. Giambattista il 23 aprile 1719.
Il Parroco del suo tempo lo mise terribilmente alla prova, rimproverandolo in mezzo alla gente. Qui veniva a cercarlo la giovane che lo zio Don Cristoforo avrebbe voluto che Paolo sposasse. Era così insistente che il Santo si rifugiò in S. Martino per le sue lunghe meditazioni.
S. Maria: sorta circa nel 950, molto più piccola dell’attuale, al tempo del dominio dei Franchi. Gravemente danneggiata dall’alluvione del 1647, ricostruita, incendiata dai francesi nel 1651, nuovamente ristrutturata. Fu officiata dai Padri Serviti dal 1443 fino alla soppressione napoleonica.
Crocifisso di S. Maria: considerato miracoloso per non essersi bruciato nell’incendio del 1651. Molto venerato ai tempi di s. Paolo.
Angolo della Visione (44°50’41.4″N 8°34’25.6″E)
S. Paolo ebbe alcune visioni determinanti della sua vocazione:
a) Gli apparve la Madonna addolorata con una veste nera fino ai piedi e il nome di Gesù sul petto, a lettere bianche che gli disse:
“Figlio, vedi come sono vestita a lutto? Ciò è per la Passione dolorosissima del mio diletto Figlio Gesù. Così ti hai da vestire tu e hai da fondare una Congregazione nella quale si vesta in questa guisa, dove si faccia un continuo lutto per la Passione e morte del mio caro Figliolo” (P. Zoffoli, vol. I°, pag.161).
b) Due anni e mezzo dopo, cioè nell’estate 1720, mentre tornava dalla chiesa dei Cappuccini, percorrendo via dei Corazza (ora via Card. Caselli)
“quando stavo per svoltare verso casa, fui elevato in Dio con altissimo raccoglimento, con scordamento di tutto e grandissima soavità interiore; ed in questo tempo mi vidi in spirito vestito di nero sino a terra, con una croce bianca in petto e sotto la croce avevo scritto il nome ss.mo di Gesù in lettere bianche” (Lett. IV, pag.218).
Casa della famiglia Daneo (44°50’41.4″N 8°34’25.6″E)
In Castellazzo la famiglia Daneo aveva una casa da tempi antichi e situata nei pressi della attuale “via S. Paolo della Croce”. Questa casa fu venduta. Possedeva anche alcuni terreni adibiti prevalentemente ad orti.
Al ritorno in Castellazzo, Luca acquistò un’altra casa situata nell’attuale “Vicolo Daneo”. A pianterreno cinque vani, compresa la stalla; al primo piano 4 stanze e, in alto, la soffitta con la camera del Santo.
Sulla facciata esterna, tra le finestre, nel primo centenario della morte del Santo, il Comune fece scrivere sull’intonaco (sostituito poi con una lapide):
“Questa casa appartenne alla famiglia Danei. Qui abitarono dal 1709 al 1721 S. Paolo della Croce ed il Venerabile suo fratello P. Giambattista. Il Municipio ne pose questa memoria MDCCCLXXV”.
In questa casa nacque Caterina, l’ultima sorella, il 22 aprile 1720.
Da questa casa, Paolo, dopo aver chiesto la benedizione ai Genitori, partì per Alessandria per ricevere dal Vescovo l’avvio ufficiale della sua Vocazione.
In questa casa si spense la sua famiglia: il padre (27.07.1727), la madre (10.09.1746), la sorella Caterina (30.08.1756), il fratello Giuseppe (12.05.1789), la sorella Teresa (02.02.1792) e infine Don Antonio (26.04.1792).
Sant’Antonio (44°50’39.6″N 8°34’24.4″E)
Verso il 1500 sorsero, in Castellazzo, vari Oratori tra cui la Confraternita e Oratorio di S. Antonio.
Nel 1699, l’Oratorio di S. Antonio Abate, che sorgeva nel bel mezzo delle abitazioni in cui visse il Santo al ritorno della famiglia al paese di origine, fu oggetto di ristrutturazione. Qui vicino, in vicolo Daneo, era la seconda casa abitata dalla famiglia Daneo, mentre la primitiva era poco più in là: nell’attuale via San Paolo della Croce.
Della Confraternita, S. Paolo fu anche Priore:
“la Domenica, vestito del saio della Compagnia, dalla sedia priorale parlava ai fedeli di Dio e delle verità eterne, istruiva i fanciulli nel locale adibito all’insegnamento della dottrina cristiana, odierna sacrestia” (Mario Gambetta: Opuscolo 3° centenario della nascita, pag.18).
Nel Coro cantavano il Vespro ed egli “dettava la meditazione alli Confratelli”.
Quando, nell’agosto 1727, tornò a Castellazzo per la morte di suo padre, Luca Daneo, è documentato che celebrò qui delle S. Messe, con suo fratello. Il teste riferisce che prima di salire all’altare si mettevano ai piedi le babbucce, per riverenza, poiché allora essi camminavano a piedi completamente nudi.
Il Crocifisso di questa Confraternita fu usato da S. Paolo nelle processioni di penitenza compiute nelle domeniche di quaresima 1721. Si univa a lui gran turba di fanciulli:
“quando andavo per le strade, che voltandomi indietro mi vedevo gran squadra di figlioli appresso, mi giubilava tanto il cuore, che trattenevo con forza le lacrime”.
La processione finiva in San Carlo dove il Santo teneva le sue vere prediche da laico.
Nella sacrestia è una tavoletta che riporta una segreta confidenza da donne: Paolo sarebbe stato concepito in Castellazzo.
Crocifisso in S. Antonio: inalberando questo crocifisso, Paolo animò processioni penitenziali nella quaresima del 1721, accompagnato dai suoi amici della Confraternita di S. Antonio, da schiere di ragazzi e da numerosissimo popolo.
Trinità da Lungi (44°49’45.6″N 8°35’54.1″E)
A circa 3 km dal paese, dove anticamente era, forse, il nucleo abitativo. Edificata dai Canonici Regolari di S. Croce, in Mortara, intorno al 1130, fu anche monastero cistercense dipendente dall’abbazia di Tiglieto, poi nuovamente ai Canonici di Mortara (1310).
Con la sua facciata sobria ed austera, di stile romanico lombardo, è un chiaro esempio di architettura elementare che sopravvive per la fermezza delle sue strutture. Vi era anche il chiostro. Da una sua abside si ricavò la “Casa del romito” per il custode.
In essa abitò S. Paolo della Croce, dal 10 al 25 gennaio 1721 circa. Dopo essere stato a Pontedecimo (GE) per mostrare la Regola al P. Colombano, il Vescovo gli assegnò questo eremo come luogo per iniziare la sua esperienza . Ma non vi rimase a lungo, anche perché troppo lontano dall’Eucaristia, così che il 25 si trasferì in S. Stefano.
Romitorio di Trinità da lungi: edificato intorno al 1130, a circa 3 km dal paese, è monumento nazionale. Qui S. Paolo fece l’esperienza di eremita per circa 15 giorni: 10-25 gennaio 1721
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Il Santuario della Madonna della Creta (detto anche della “Madonnina dei Centauri”) (44°49’45.6″N 8°35’54.1″E)
Il 28 luglio 1631 fu eretta anche la quarantaduesima chiesa di Castellazzo, cioè il Santuario della Madonna della Creta, fatto costruire per la grande pietà di Giovanni Viola e la collaborazione di tanti altri devoti.
Era una “chiesetta campestre che occupava la superficie di tavole tre e piedi sette, corrispondenti a metri 100 circa di area; era munita di campanile con una sola campana ed il soffitto era costrutto a cassettoni di legno artisticamente lavorato a foggia delle chiese primitive” (foglio illustrativo del Santuario).
Ai tempi di S. Paolo della Croce, benché deteriorata dalle frequenti inondazioni del fiume Bormida, era ancora molto frequentata, soprattutto dalle donne in attesa di maternità.
E’ probabile che sia venuta qui anche Anna Maria Massari, quando attendeva l’ultima figlia, Caterina, che nacque il 22 aprile 1720. Chi andava in Alessandria, passava vicino al Santuario, poiché poco più in là era il traghetto e Paolo Daneo ad Alessandria ci andò molte volte.
Il monastero delle Agostiniane
Purtroppo non esiste più come monastero, ma per Paolo ebbe molta importanza: da documenti antichi risulta che un ordine monastico, stabilitosi a Castellazzo Bormida prima del 1300 ebbe dimora nel nostro rione (S. Sebastiano) quello delle Suore di S. Agostino, in un sito compreso tra vicolo Acquanegra e via Giovanni Lanza, anticamente chiamata Contrada del Monastero Vecchio. A conferma di questo abbiamo un legato portante la data dell’11 aprile 1347, citato dallo storico Chenna. Essendo l’edificio vecchio e pericolante a causa delle continue inondazioni, le monache furono costrette ad abbandonarlo, per ritornare poi in paese nel 1614, quando ne fu costruito uno nuovo sul retro di S. Sebastiano e precisamente, per meglio intenderci, tra via Eritrea, via E. Boidi e via Gamondio. Qui le suore rimasero, anche se con varie interruzioni a causa di guerre, sino al 1801, quando venne soppressa la congregazione.
All’ordine delle Agostiniane apparteneva Rosa Maria, zia paterna di S. Paolo della Croce. Sia per la relazione di parentela, sia per la consapevolezza dell’utilità di quella congregazione, ma soprattutto per il desiderio di predicare la Parola di Cristo, S. Paolo ebbe molto a cuore le suore del monastero, con le quali ebbe relazioni epistolari.
In una lettera dell’11 aprile 1721, chiede al Vescovo l’autorizzazione a predicare a
“queste divote religiose con incoraggiarle sempre più alla perfezione. Pertanto la supplico della santa licenza e santissima benedizione e il discorso sarà (però con sua permissione) lunedì, giovedì e sabato accompagnato sempre da una divota meditazione” (Pinuccia Ravera, Opuscolo per il Terzo Centenario, pag.30).
Ex-Convento dei Passionisti in Castellazzo (44°50’42.2″N 8°34’38.9″E)
Nel cortile dell’ex convento di Castellazzo: eretto nel 2006 per ricordare perennemente la fondazione della Congregazione in questo luogo. Raffigura S. Paolo in atto di scrivere le Regole. L’artista è stato il Signor Enrico Pasquale (nato a Durlo di Crespadoro nel 1974).
Non è una semplice statua, ma un vero piccolo monumento: Altezza 150 cm – Larghezza 100 – Profondità 120 cm – Peso circa 25 quintali.
Desiderato da tempo, progettato, discusso e finalmente realizzato. Si tratta di una composizione marmorea che riproduce il S. Paolo della Croce come è raffigurato nel quadro venerato nella storica celletta di S. Carlo, con tavolino, materiale scrittorio, brocca e pane e il Santo in atteggiamento di scrivere la S. Regola. Vi è aggiunta, alquanto discosta, una grande Croce con lo stemma passionista, prospettiva del futuro istituto.